2.1 Omnis intentio animae est in anima
Le piante e i sassi che non si muovono da se, ne dipendono da se nell'azione e nella vita, non hanno bisogno di credenze, ma l'animale che dipende da se nell'azione e nella vita, ha bisogno di credere, giacché non c'è altro motivo nè mobile, nè altra forza, (eccetto l'estrinseche) che lo possa determinare, e definirne la scelta. (Giacomo Leopardi, 22 Dicembre 1820, Lo Zibaldone pag. 120)

La paternità del concetto moderno di intenzionalità (sempre che tale concetto possa essere considerato univoco) è universalmente attribuita a Franz Brentano.
Brentano, nel suo Psychologie vom empirischen Standpunkte (1874) dichiara esplicitamente il suo debito nei confronti della filosofia scolastica.

Every psychical phenomenon is characterized by what the scholastics of the Middle Ages called the intentional (also the mental) inexistence of an object, and what we, although with not quite unambiguous expressions, would call relation to a content, direction towards an object (which is not here to be understood as a reality), or immanent objectivity. Each contains something in itself as an object, though not each in the same way. In presentation something is presented, in judgment something is acknowledged or rejected, in love something is loved, in hatred hated, in desire desired, and so on.  (Franz Brentano in Russell 1921,  lines  1211-1229)

L'esperienza mentale è sempre esperienza di qualcosa, essa ha sempre/è sempre un contenuto.
Lo scolastico (ed Aristotelico) hic et nunc, il qui e l'ora, il presente, la coscienza nel/del presente, è in Brentano sempre qualcosa qui ed ora.
Il determinarsi di questo qualcosa non è passivo ed unidirezionale, non è un darsi dell'oggetto al soggetto, ne è il risultato esclusivo di un movimento del soggetto verso l'oggetto.
Il qualcosa è incontro, sinolo, di soggetto e oggetto: il soggetto intenziona l'oggetto ma affinché ciò sia possibile, banalmente, deve esistere un oggetto intenzionabile.
Le modalità di questo intenzionare emergono tanto dalla natura del soggetto quanto da quella dell'oggetto.

L'intenzionalità di Brentano riprende quindi la distinzione ente reale-ente logico di San Tommaso.
Tale distinzione assurge a  fondamento e a criterio di verità ( ed in ultima istanza equivale alla teoria classica della corrispondenza): una credenza (intenzione) immaginaria non rimanderà ad un oggetto reale, essa sarà una intenzione controfattuale; una credenza che invece denoterà un oggetto reale sarà una credenza vera.
Questo tipo di concezione, appunto classica, verrà ripresa, nelle sue implicazioni ontologiche da Wittgenstein.

Nell'intenzionalità di Brentano ogni ente è concepito secondo tre modalità fondamentali.
1) Gnoseologica: l'ente è rappresentazione, è qualcosa qui e ora. (In presentation something is presented)
2) Critico-logica: l'ente viene concepito come vero o come falso, accettato o rifiutato, dell'ente si da quindi un giudizio. ( in judgment something is acknowledged or rejected)
3) Emotiva: l'ente viene amato, odiato, desiderato. (in love something is loved, in hatred hated, in desire desired, and so on)

L'intenzionalità di Brentano ha avuto una storia degli effetti, come direbbe Gadamer, dalle implicazioni e ramificazioni sterminate.
Di questa storia degli effetti possiamo individuare tre rami fondamentali; essi, in senso generale, possono essere considerati come espressioni di queste tre Brentano's stances.

1) Il primo è la speculazione fenomenologica (e poi esistenzialista).
Husserl fu allievo di Brentano, l'idea di coscienza come coscienza di qualcosa, della quale abbiamo accennato, è il punto di partenza della sua fenomenologia.
La fenomenologia focalizza la sua attenzione principalmente sugli aspetti gnoseologici dell'intenzionalità.

2) Il secondo è l'ambito filosofico della logica, del positivismo logico e  della filosofia analitica.
Abbiamo trattato dei rapporti tra logica moderna e filosofia analitica nel primo capitolo.
Abbiamo anche ricondotto, in ultima istanza, alla scuola analitica anche il lavoro di Dennett.
Bertrand Russell , ad esempio, conosce profondamente sia l'opera di Brentano che l'opera di Alexius Meinong, anche egli allievo di Brentano.

Russell, proprio a partire dall'intenzionalità di Brentano formula il concetto di propositional function.
Una funzione proposizionale è il "paradigma", la struttura, "l'ossatura" di una asserzione atomica (o concatenazione di asserzioni atomiche), in quanto tale, in quanto indefinita essa non è né vera né falsa.
La verità della funzione proposizionale è subordinata quindi alla definizione delle sue variabili.
Una funzione proposizionale può essere riferita ad un numero infinito di asserzioni (nelle quali essa è definita) e può essere considerata quindi la discriminante della classe da esse risultante.

A propositional function is simply any expression containing an undeterminate constituent, or serveral undetermined constituents, and becoming a proposition as soon as the undetermined constituens are determined.(Russell 1918, pag 96)

La neutralità di un contenuto rispetto alla verità è presente anche in Meinong nella distinzione tra object e content.(ente reale-ente logico)
Il contenuto della coscienza non necessariamente è intenzione di un oggetto reale, esso può inoltre essere autocontraddittorio.

The content, Meinong argues, must not be confounded with the object, since the content must exist in my mind at the moment when I have the thought, whereas the object need not do so. The object may besomething past or future; it may be physical, not mental; it may be something abstract, like equality for example; it may be something imaginary, like a golden mountain; or it may even be something self-contradictory, like a round square. (Russell 1921, lines 1309-1323)

Questo secondo ambito focalizza quindi sulle implicazioni critico-logiche dell'intenzionalità.
Questo ambito si contrappone storicamente al ramo fenomenologico-esistenzialista anzitutto negli aspetti metodologici.
Uno eco di questa contrapposizione lo troviamo esplicitamente nella eterofenomenolgia di Dennett.

3) Il terzo ambito è l'indagine della psicologia e delle diverse modalità tramite le quali le scienze psicologiche si sono sviluppate.
Parliamo di Scienze psicologiche poiché la differenza tra le diverse scuole è talora così profonda che si può parlare della medesima disciplina (la psicologia) solo per convenzione o in senso generalissimo.
A nostro avviso, ad esempio, tra psicologia della Gestalt (sperimentale) e la psicanalisi freudiana o junghiana (esclusivamente teoretiche) i punti di incontro metodologici sono praticamente nulli; si tratta in tutto e per tutto di discipline differenti.
Questo ambito, apparentemente parallelo e distante dai due ambiti filosofici su citati, è in realtà continuamente tangente ed intrecciato con essi.
In questo ambito l'intenzionalità è intesa anzitutto nelle sua accezione emotiva.
La distinzione fisico-psichico ma sopratutto l'idea di intenzionalità come movimento, dinamicità emotiva sono uno dei presupposti dell'idea di pulsione di Freud.(Che a Vienna seguì le lezioni di Brentano)
Un ulteriore  rapporto di Brentano con le nascenti scuole psicologiche può essere trovato in Christian von Ehrenfels, allievo di Brentano e Meinong, precursore della psicologia della Gestalt. ex: Über Gestaltqualitäten (1890)
Lo stesso titolo della sua opera fondamentale (Psicologia dal punto di vista empirico) denota immediatamente l'ambizione di accomunare la psicologia alle scienze empiriche, ambizione che troverà proprio nella psicologia della Gestalt una prima compiuta espressione sperimentale. (Ad onor del vero quando Brentano pubblica la citata opera il pioneristico e colossale lavoro di Wilhelm Wundt  alla  psicologia sperimentale era già cominciato )

§



Fatta questa premessa la posizione di Dennett riguardo l'intenzionalità apparirà in maniera chiara.
Alla luce del discorso da noi portato avanti nel capitolo precedente ciò che sicuramente possiamo aspettarci da Dennett sarà anzitutto il rifiuto della distinzione tra fisico e mentale, tra ente logico ed ente reale.

Brentano's Thesis that intentionality is the mark of the mental: all mental phenomena exhibit intentionality and no physical phenomena exhibit intentionality. (Dennett 1978, Introduction xvii)
That is a lot to expect of one concept, but nothing less than Brentano himself expected when, in a day of less fragmented science, he proposed intentionality as the mark that sunders the universe in the most fundamental way: dividing the mental from the physical.  (Dennett 1978, pag 22)

Come pre-giudizio ( in senso ermeneutico) ipotizziamo quindi che Dennett tenderà a ridurre l'intenzionalità all'ambito esclusivo della fisicità.
Ogni sistema intenzionale (intentional system) sarà un sistema fisico.
Nell'introduzione a Brainstorms (la prima corposa antologia di saggi di Dennett) questa nostra ipotesi sembra trovare un primo riscontro.

We know that a merely physical object can be an intentional system, even if we can't prove either that every intentional system is physically realizable in principle, or that every intuitively mental item in the world can be adequately accounted for as a feature of a physically realized intentional system.If one insisted on giving a name to this theory, it could be called type intentionalism: every mental event is some functional, physical event or other, and the types are captured not by any reductionist language but by a regimentation of the very terms we ordinarily use -- we explain what beliefs are by systematizing the notion of a believing system, for instance. (Dennett 1978, Introduction xvii-xix)

Nel principio del suo saggio Intentional Systems, presente nella antologia su citata, Dennett sembra assumere una posizione che non corrobora questa nostra aspettativa:
 
The first point to make about intentional systems as I have just defined them is that a particular thing is an intentional system only in relation to the strategies of someone who is trying to explain and predict its behavior.(Dennett 1978, pag 3-4)

Un sistema intenzionale è tale soltanto in virtù dell'esistenza di qualcuno che lo consideri tale.
Ovvero: dovrà esistere una entità esterna al sistema in questione che sia capace di produrre previsioni sul comportamento del sistema stesso.

La nostra domanda è ora affine alle domande che già in precedenza ci siamo posti: come risolvere l'intenzionalità di quel qualcuno?
Se un sistema è intenzionale  perché qualcuno lo concepisce come tale quel qualcuno sarà a sua volta un sistema intenzionale?
In questa eventualità che accade se il  sistema intenzionale e il qualcuno coincidono?
Come si potrebbe risolvere questa autoreferenzialità?
Ipotizzando forse che alcuni sistemi intenzionali possono concepire se stessi come tali?
O, più radicalmente, che un sistema intenzionale è tale se e solo concepisce se stesso come tale? (Se, detta banalmente, possiede realmente "intenzioni").

Dennett, inizialmente, non segue questa strada.
L'intenzionalità non è nel sistema intenzionale, essa non è in re ma post rem.
Il sistema intenzionale è, da una prospettiva oggettiva, intenzionalmente neutro, non ha alcuna intenzionalità oggettiva, per Dennett parlare di intenzionalità oggettiva non ha senso alcuno.

for the definition of intentional systems I have given does not say that intentional systems really have beliefs and desires, but that one can explain and predict their behavior by ascribing beliefs and desires to them, (Dennett 1978, pag. 7)
All that has been claimed is that on occasion, a purely physical system can be so complex, and yet so organized, that we find it convenient, explanatory, pragmatically necessary for prediction, to treat it as if it had beliefs and desires and was rational. (Dennett 1978, pag. 7-8)

Post rem quindi, la prospettiva di Dennett è radicalmente esternista.
L'intenzionalità in Dennett diviene in tutto e per tutto sinonimo di capacità di assumere un atteggiamento intenzionale (the intentional stance).

L'atteggiamento, l' habitus, intenzionale (noi utilizziamo prevalentemente il termine approccio) è un una delle tre prospettive fondamentali che, secondo Dennett, possono essere adottate per conoscere qualcosa. (In questa tripartizione non possiamo che scorgere una sorta di alternativa alla tripartizione di Brentano)
1) L'approccio fisico (the physical stance)
2) L'approccio strutturale (the design stance)
3) L'approccio intenzionale (the intentional stance)

§



Per comprendere appieno cosa Dennett intenda con queste tre possibili strategie proseguiamo la lettura del saggio Intentional systems.
Dennett invita il lettore a considerare l'esempio di un computer nel quale sia implementato un programma scacchistico.

Adottando la chiave di lettura fisica le nostre previsioni circa lo sviluppo del gioco saranno fondate sull'effettivo stato fisico del computer e utilizzeremo, e tenteremo di applicare,  tutte le nostre conoscenze delle leggi fisiche che reputiamo di conoscere e poter applicare.
Questo tipo di approccio, è evidente, mal si addice al caso in questione: la possibilità di successo, in linea teorica possibili, sono praticamente molto remote.

L'approccio strutturale è una strategia che concepisce il problema secondo una astrazione maggiore rispetto al primo.
Ciò che ci interessa, da questa prospettiva, è l'organizzazione del sistema, la sua struttura, la sua maniera tramite il quale esso è progettato.
Se si conosce il modo tramite il quale il computer è progettato e in tale progetto includiamo il software che sul computer gira, sostiene Dennett, è possibile prevedere la risposta che il progetto prevede per ogni nostra mossa in maniera meccanica, e trarne i debiti vantaggi.
Anche questa strategia, in questo caso, non è comunque efficiente.

L'approccio intenzionale è tentare di anticipare le mosse del computer fingendo che il computer muova con intenzione di farlo.
Da questa prospettiva il computer viene umanizzato e ciò accade ogni volta che, in un qualsiasi gioco simulato, il giocatore umano sfida la macchina.
Nel caso degli scacchi interpreteremo il tempo che il programma impiega per sviluppare i nodi, ovvero la ramificazione di una quantità più o meno grande di possibilità di sviluppo del gioco (tale quantità dipende dalla potenza di calcolo, dal tempo e dalla efficienza del software), con l'umana attività del pensare alla mossa da fare.
Un risultato di questo sviluppo insidioso per la nostra regina non sarà appunto l'esito di questo brutale calcolo delle possibilità, ma il desiderio da parte dell'automa di catturare la regina.
Una mossa vantaggiosa per la nostra strategia da parte del nostro avversario meccanico potrà essere interpretata come una perdita di concentrazione, una disattenzione, o come una volontà da parte dello stesso di farci impelagare attraverso un subdolo trabocchetto.

§



Le tre prospettive sono quindi delle finzioni.
Per quanto concerne la terza Dennett ribadisce più volte che l'intenzionalità, come intesa da Brentano e da tanti altri, non è l'individuazione di un senso oggettivo, ma una soggettiva donazione di senso.

First I will describe the strategy, which I call the intentional strategy or adopting the intentional stance. To a first approximation, the intentional strategy consists of treating the object whose behavior you want to predict as a rational agent with beliefs and desires and other mental stages exhibiting what Brentano and others call intentionality. (Dennett 1987b, pag 15)

L'intenzionalità intesa da questa prospettiva funziona se l'oggetto d'indagine non è un sistema intenzionale complesso  ma un semplice oggetto come un termostato.

If the intentional system is a simple thermostat, one answer is simply this: the intentional strategy works because the thermostat is well designed; it was designed to be a system that could be easily and reliably comprehended and manipulated from this stance.(Dennett 1987b, pag 33)

Le cose si complicano se l'oggetto d'indagine è un sistema complesso capace di effettuare previsioni su se stesso.
Nel saggio The intentional stance (1987), Dennett riconosce l'esistenza di questo salto: distinguere tra ciò che è un reale sistema intenzionale e un sistema che è trattato invece come se lo fosse.

The next task would seem to be distinguishing those intentional systems that really have beliefs and desires from those we may find it handy to treat as if they had beliefs and desires.(Dennett 1987b, pag 22)

Nelle prime pagine del saggio Dennett dichiara esplicitamente che ciò che ha asserito nel saggio Intentional Systems è sostituito e rettificato da quanto scrive, anni dopo, nel saggio True Believers.
L'iniziale concezione di intenzionalità come esclusivamente attribuita, post rem, viene estesa da una concezione nella quale una reale intenzionalità ( in re) è riconosciuta come dato di fatto autoevidente.

The basic introduction to my theory of the intentional stance is to be found in the next chapter, "True Believers," which I now consider to replace "Intentional Systems" as the flagship expression of my position. (Dennett 1987b, pag 2)

Se infatti possiamo concepire la maggior parte dei sistemi come se fossero sistemi intenzionali ci troveremo prima o poi a dover affrontare il problema dei sistemi che realmente sono sistemi intenzionali e non potremo trattarli alla stessa stregua dei primi.

Sempre nel saggio The intentional stance, partendo da un esperimento mentale proposto da Robert Nozick, Dennett chiarisce appieno questa sua evoluzione.
Anche se un eventuale forma di vita extraterrestre, dalle capacità incomparabilmente superiori alle nostre, dovesse descrivere i fenomeni del nostro pianeta senza concepire in esso l'esistenza di alcun sistema intenzionale ma vedendo ogni animale e l'intera razza umana come mero fenomeno fisico (secondo quindi l'approccio fisico, the physical stance) non potrebbe sottrarsi alla sua intrascendibile natura di sistema intenzionale capace di concepirsi come tale.
Se questa forma di vita osserva, teorizza, predice, comunica (dice Dennett) non potrà che autoconcepirsi se non come sistema intenzionale.

The power of the intentional strategy can be seen even more sharply with the aid of an objection first raised by Robert Nozick some years ago. Suppose, he suggested, some beings of vastly superior intelligence-from Mars, let us say-were to descend upon us, and suppose that we were to them as simple thermostats are to clever engineers. Suppose, that is, that they did not need the intentional stance-or even the design stance-to predict our behavior in all its detail. They can be supposed to be Laplacean super-physicists, capable of comprehending the activity on Wall Street, for instance, at the microphysical level. Where we see brokers and buildings and sell orders and bids, they see vast congeries of subatomic particles milling about-and they are such good physicists that they can predict days in advance what ink marks will appear each day on the paper tape labeled "Closing Dow Jones Industrial Average." They can predict the individual behaviors of all the various moving bodies they observe without ever treating any of them as intentional systems. (Dennett 1987b, pag 25) If they observe, theorize, predict, communicate, they view themselves as intentional systems.(Dennett 1987b, pag 28)

Evidenziamo: view themselves as intentional systems.
Questo view, questo vedersi è la coscienza.

Il problema fondamentale, far luce sulla coscienza stessa, rimane quindi, a questo livello ancora un profondissimo enigma, perché la coscienza è, come si è visto, è il presupposto dell'intenzionalità e non il contrario. (E già Guglielmo di Ockham, la cui citazione a memoria dalla Summa logicae da il titolo a questo paragrafo, sosteneva, facendo le debite distinzioni, qualcosa di affine)
Esso dovrà essere posto quindi in altri termini: come un sistema fisico diventa, o può diventare, un sistema intenzionale reale? (Appunto un true believer)
Per rispondere a questa domanda occorrerà stabilire anzitutto cosa sia una credenza e cosa renda o possa rendere una credenza reale.
Questo aspetto è in Dennett fondamentale ed è di esso che ora tratteremo.