2.2 Fuori dagli schemi
Infine la credenza sufficiente tanto soggettivamente quanto oggettivamente dicesi scienza. La sufficienza soggettiva si dice convinzione (per me stesso), quella oggettiva certezza (per ognuno). Non mi spiegherò a spiegare concetti così facili.(Kant 1787, pag. 504)

Cos'è una credenza e che rapporto esiste tra una credenza e la realtà alla quale essa può essere riferita?
Questa è la domanda dalla quale dobbiamo ripartire e alla quale dobbiamo rispondere, nel tracciare il pensiero di Dennett, per giungere alle acquisizioni della multiple drafts models.

Per quanto concerne l'analisi delle credenze e delle opinioni un punto di partenza obbligato, sebbene generale, può essere costituito della psicologia del senso comune. (folk psicology)
Di tutte le conferenze che Dennett ha tenuto circa questo argomento la migliore, a sua stessa opinione, ha avuto luogo a Greensboro, North Carolina 1988.

What is the status of folk psychology? Of the conferences I have attended on this topic, the best took place in Greensboro, North Carolina in 1988[..] (Dennett 1998, pag 81)

Ci sembra quindi opportuno discutere anzitutto le acquisizioni che Dennett ha proposto in tale sede.

La psicologia popolare, o psicologia del senso comune (folk psicology), sostiene Dennett, non è immune alla revisione.
Il senso comune circa le problematiche della psicologia, al pari di ogni altro ambito, subiscono una continua evoluzione. (sebbene non direttamente legata all'evolversi delle discipline in ambito accademico o scientifico)

Malgrado tutti i suoi limiti la psicologia del senso comune è una potente sorgente di predizione e, banalmente, il punto di partenza di ogni analisi, anche per il più illuminato degli scienziati.
Ciò che apprendiamo sulle ginocchia di nostra madre, accompagnato da componenti innate, costituisce un multiforme talento capace di farci agire nel mondo.

What we learn at mother's knee as we are growing up, and what might be to some degree innate, is a multifarious talent for having expectations about the world.(Dennett 1998, pag 82)

Cos'è quindi dettagliatamente, chiede Dennett, la psicologia del senso comune?
E' una teoria?
Se non è una teoria o un insieme di teorie cosa è?
Nell'indagine scientifica possiamo fare affidamento anche su di essa?
O appunto è qualcosa utile alla vita pratica e quotidiana ma risulta inutile, se non controproducente, in altri ambiti?

Dennett si propone di dare una risposta a queste domande comparando la psicologia del senso comune con la fisica del senso comune.
Un pioniere, in questo ambito, è Patrick Hayes (ideatore della definizione del the frame problem, della quale tratteremo nella terza parte) che lavorò sul problema delle "bizzarie delle fisica dei liquidi".

A pioneering analysis of a portion of folk physics is found in Patrick Hayes's (1978, 1980) work on what he calls the "naive physics of liquids." (Dennett 1998, pag 82)

Dennett cita un suo esempio.
Se una persona seduta ad un tavolo rovescia per errore un bicchier d'acqua tenderà a spostare la sua sedia dal tavolo molto velocemente; si aspetterà infatti che non facendolo l'acqua, immediatamente, gli cascherebbe addosso.
Tali movimenti saranno compiuti in maniera pressoché inconscia.
Se in questa situazione sul tavolo esiste un tovagliolo o una tovaglia, capaci di assorbire l'acqua, il comportamento dell'acqua sarà molto differente, essa infatti si muoverà molto più lentamente, verrà assorbita da questi tessuti e non cadrà addosso ai vestiti della persona suddetta.
Il comportamento di quest'ultima sarà invece il medesimo.

Hayes nota, in generale, che assiomatizzando la fisica del senso comune non soltanto si sviluppano condizioni bizzarre ma diversi fenomeni fisici reali risultano letteralmente impossibili.
Ad esempio: nella psicologia del senso comune il sifone risulta totalmente inutile. (Poiché si tende ad attribuire al liquido un movimento uniforme lungo la tubatura, come se essa non subisse, come appunto accade nel sifone, alcuna curvatura)
Per la fisica del senso comune, come ancora evidenzia Hayes, oggetti come il giroscopio risultano impossibili, idem si dica per azioni come il navigare controvento.

Per la psicologia del senso comune, sostiene Dennett,  le cose non stanno in maniera differente.
Essa è satura di pregiudizi o giudizi errati in grado identico alla fisica del senso comune.
E' quindi autoevidente quanto idee come Io, Se, Coscienza, così prepotentemente vivide, possano essere inficiate da convinzioni errate proprio come  è scorretta e improbabile la concezione del senso comune del su citato sifone.
Cos'è che complica ulteriormente il tutto? (aggiungiamo noi)
Con oggetti e situazioni fisiche la sperimentazione capace di confutare convinzioni o teorie errate è solitamente possibile e agevole; ciò non si può affermare per tutte le problematiche, teorie e convinzioni correlate alla psicologia e alla filosofia della mente.

Cosa sono quindi dettagliatamente le convinzioni e le credenze?
Un saggio centrale, come Dennett stesso evidenzia, riguardo queste problematiche è Real Patterns (Dennett 1998).

Although this essay is already highly accessible in the pages of the Journal of Philosophy, it is utterly central to my thinking, and the arguments in it do not appear in any of my recent books, so I thought it must be included here.(Dennett 1998, pag 95)

Dennett da avvio a questo saggio con alcune domande.
Esistono credenze reali?
O stiamo imparando dalle neuroscienze e della psicologia che strettamente parlando le credenze sono costruzioni della nostra immaginazione?
I filosofi, sentenzia lapalissianamente, considerano generalmente questo tipo di domande ontologiche ammettendo due possibilità:  le credenze esistono o no, non esiste una via di mezzo, non esiste una quasi esistenza, non esistono stabili dottrine di semirealismo. (semirealism)
Le domande che Dennett si pone sembrerebbero avere già nella loro formulazione una prima risposta: le credenze (beliefs) essendo appunto credennze, convinzioni, non sarebbero reali.

Di che tipo di credenze si parla?
Circoscriverne l'ambito è ben arduo poiché Dennett allude a qualcosa che va dalla ipotesi scientifica più accreditata alla più quotidiana problematica del raggiungere una località attraverso la strada più breve o alla individuazione di una regolarità nella distribuzione dei pixels in una immagine o, ancora, all'individuazione del centro geometrico della distribuzione della popolazione degli Stati Uniti.

Dennett si sofferma su un caso emblematico: il centro di gravità di un corpo celeste.
C'è chi sostiene che esso sia, ovviamente e incontestabilmente, un'utile costruzione; altri trovano perfettamente ovvio che esso siano qualcosa di assolutamente reale.

It is amusing to note that my analogizing beliefs to centers of gravity has been attacked from ontological dichotomy, by philosophers who think it is simply obvious that centers of gravity and by philosophers who think it is simply obvious that centers of gravity are perfectly real (Dennett 1998, pag 96)

Tutte le credenze, per Dennett, sono considerabili come oggetti astratti equiparabili all'esempio offerto dai centri di gravità: non sono degli oggetti reali e costituiscono nel contempo qualcosa di più di approssimazioni o modelli; essi sono dei patterns, ovvero costruzioni logiche dotate di una regolarità.

Questa regolarità, lo ripetiamo, non equivale ad una mappatura, essa è piuttosto simile, come Dennett stesso evidenzia, ad un algoritmo di compressione software.
Come da un file compresso attraverso un determinato algoritmo è possibile ricostruire, eseguendo un corrispettivo algoritmo di decompressione, i dati originali  in maniera integrale (e questi hanno ovviamente una estensione maggiore, quindi attraverso la compressione si ha una rappresentazione più efficiente), attraverso un pattern (la compressione, l'astrazione, di qualcosa) è possibile concepire quel qualcosa.
Questo qualcosa non è ovviamente la cosa reale (inferred entity)  essa è bensì un abstract object.(La distinzione tra abstract object e inferred entity è dedotta da Reichenbach, da quest'utimo definite abstracta e illata)

La concettualizzazione fondamentale è appunto l'efficienza.
I patters che ognuno di noi sviluppa costituiscono dei veri e propri strumenti per costruire il proprio mondo, il proprio ambiente, nella maniera più veloce ed efficiente possibile.

Facciamo un esempio.
Supponiamo di avere di fronte un numero indeterminato di oggetti.
A un primo sguardo non riusciremo a contarli ma, raggruppandoli mentalmente secondo la loro disposizione geometrica, scinderemo l'indistinto insieme costituito da tali oggetti in insiemi di minore entità e conteremo successivamente non tutti gli oggetti ma ogni singolo insieme d'oggetti.
In questa maniera svilupperemo un pattern(tra gli infiniti possibili) utile a concepire il reale numero degli oggetti e tale pattern sarà caratterizzato da un grado di efficienza maggiore rispetto all'operazione brutale del contarli sequenzialmente.

Questo tipo di posizione trova indubbiamente i suoi presupposti in una specifica tradizione filosofica: il pragmatismo.
Ciò che fa di un pattern un real pattern è infatti la nostra aspettativa nei suoi confronti: l'importanza e l'utilità che ad esso attribuiamo.
I centri di gravità saranno quindi real patterns mentre il calcolo dell'area determinata dall'estensione di tutti i nostri calzini spaiati (Dennett fa un esempio affine) non sarà un real pattern, sebbene possieda in ultima istanza il medesimo status ontologico dei centri di gravità.

Dennett parte da questa posizione ma non si ferma ad essa, l'efficienza in questione è fondamentale non soltanto per un motivo d'utilità, essa è fondamentale poiché diviene il criterio di verità.

A pattern exists in some data—is real—if there is a description of the data that is more efficient than the bit map, whether or not anyone can concoct it. (Dennett 1998, pag 103)

Questo punto è fondamentale poiché ci aiuta a chiarire la posizione ontologica di Dennett, alla luce di esso il suo materialismo radicale non subirà certo una rivisitazione, senza dubbio però ci apparirà molto meno radicale di quanto, a un primo approccio, potrebbe apparire.
Non solo, attraverso esso abbiamo chiara la posizione ontologica nella quale la coscienza va, per Dennett, collocata: essa stessa è un pattern, è il centro di gravità (come più volte evidenzia e come vedremo nel prossimo paragrafo) di una narrazione.